Esterovestizione ed abuso del diritto
Il termine esterovestizione fa spesso la fortuna dei detrattori della fiscalità internazionale e dei Giudici delle Commissioni termine esterovestizione fa spesso la fortuna dei detrattori della fiscalità internazionale e dei Giudici delle Commissioni Tributarie Provinciali, convinti che in presenza di una società estera si configuri sempre questa tipologia di reato.
Altro termine in voga, specialmente negli ultimi anni è quello di abuso del diritto.
Vediamo quindi di fare un pò di chiarezza, con l’aiuto della Sentenza n. 33234 del 12 novembre 2018, depositata il 21 dicembre 2018 – Cassazione Civile, Sezione Quinta Tributaria – meglio nota come Sentenza Dolce & Gabbana di cui abbiamo parlato ampiamente in un precedente articolo di questo blog.
“Per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale.
Perché, tuttavia, questo meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre, per un verso, che esso abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalle norme e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.
E’ necessario quindi accertare che lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale. Ciò perché quando il contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale.
Giustappunto con riguardo al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato che, in tema di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.
La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale.
Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma accertare se il trasferimento in realtà vi è stato o meno, se, cioè, l’operazione sia meramente artificiosa, consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.
Per determinare, quindi, il luogo della sede della attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società; possono essere presi in considerazione, tuttavia, anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie.”
Questo articolo fornisce informazioni di carattere generale e non sostituisce la consulenza personalizzata. Come DIKE Cosulting ci adoperiamo insieme ai nostri partenrs internazionali a fornire sempre ai nostri Clienti le migliori soluzioni in tema di fiscalità internazionale, ma è chiaro che le norme cambiano e al loro cambiare il Cliente deve essere pronto a variare la propria strategia. Le variabili di ogni singolo caso devono essere analizzate da un consulente specializzato in fiscalità internazionale, per evitare di incorrere in reati tributari e multe salatissime.
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