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Fiscalità,  Fiscalità internazionale,  Tutela Patrimoniale

La tassazione delle Cryptovalute: Italia o estero ?

Con l’avvento delle cryptovalute ed il conseguente enorme movimento che le stesse hanno prodotto, sono in tantissimi (soprattutto giovani) che ci richiedono una consulenza per trovare la miglior tassazione alle rendite finanziarie.

E’ d’uopo precisare che per rendita finanziaria si intendono tutti i redditi indicati nell’articolo 44 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, TUIR – D.P.R. 917 del 1986, quindi sostanzialmente i redditi che provengono dall’impiego di capitali. In tale tipologia troviamo i dividendi delle società e le crypto.

Volendo fare un articolo specifico sulle crypto, tralascio i redditi derivanti dalla ripartizione di utili o dalla gestione di portafogli azionari, perchè sopratutto per quelli quotati, ci perderemmo in un ginepraio di norme. Mi riservo di dedicare un articolo specifico del blog all’argomento.

Faccio solo l’accenno a questa tematica, dicendovi che le valutazioni che farò nel prosieguo dell’articolo riguardano le persone fisiche che operano sul mercato delle crypto, e non per le società che invece svolgono l’attività di holding-fondo, con acquisto e vendita di partecipazioni.

Lì come ho avuto più volte modo di scrivere, ma soprattutto di realizzare per conto dei Clienti strutture giuridiche, il Lussemburgo è il Paese in Europa di gran lunga più adatto, sia dal punto di visa giuridico, e sia dal punto di vista fiscale.

Ma per tornare all’argomento crypto e trader, visto che l’imposta sostitutiva prevista dal fisco italiano è nella misura del 26% sul capital gain/plusvalenza (per capital gain si intende la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita, io preferisco chiamarla plusvalenza perchè è più intuitivo) capirete bene che l’argomento è spesso oggetto di richieste di consulenza.

Infatti, la domanda che quasi tutti si pongono è se esiste la concreta possibilità di non pagare la tassa sulle plusvalenze generate o comunque poter risparmiare qualcosa relativamente a questo onere.

Va detto che l’aliquota italiana al 26% è senza dubbio una trattenuta tra le più alte dei Paesi UE, anche se non la più alta (almeno in questo non siamo tra i Paesi più tartassati) ed è cresciuta negli ultimi anni.

Infatti, fino al 2010, le plusvalenze inferiori a 50.000 euro all’anno ottenute da operazioni di trading online e relative a posizioni aperte al massimo per 7 giorni, non subivano alcuna imposizione.

Tale regime, che a quell’epoca era di favore, ha visto la fine con il decreto Salva Italia del 2011 e l’istituzione del regime fiscale sul capital gain con aliquota al 20%.

Infatti, a partire dal 1° luglio 2014, grazie all’attuazione del Decreto Legge 66/2014, l’imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie è passata al 26%. In pratica, restano esclusi solo i guadagni derivanti dalla cessione di titoli di stato italiani, obbligazioni di titoli pubblici regionali e bond di Stati esteri o organismi internazionali, che invece sono tassati al 12,5%.

Ma priva di vedere e valutare se esistono delle alternative alla tassazione italiana del 26%  è doveroso fare una analisi della tassazione stessa.

Tassazione delle rendite finanziarie in Italia

La regola generale prevede che la tassazione delle rendite finanziarie risulta assoggettata a regimi diversi (risparmio amministrato o dichiarativo) a seconda se la società finanziaria di investimento (soggetto che svolge il ruolo di intermediario) ha sede all’estero oppure in Italia.

Quindi possiamo avere queste due situazioni:

  1. l’intermediario col quale il trader effettua le operazioni finanziarie ha la sede legale, oppure operativa, sul territorio delle Stato italiano. In questo caso le plusvalenze generate da ogni operazione di trading online sono sottoposte al regime del risparmio amministrato. Ciò significa che la società finanziaria assume il ruolo di sostituto d’imposta e corrisponde al beneficiario l’importo al netto, avendo calcolato e decurtato l’imposta sostitutiva al 26%;
  • l’intermediario ha la sede operativa o legale al di fuori dell’Italia. Spetterà al trader applicare la tassazione sui guadagni derivanti dall’attività online, utilizzando il regime dichiarativo. In pratica, dovrà attenersi all’obbligo di inserire in dichiarazione dei redditi, tramite il modello Redditi Persone Fisiche negli appositi quadri RM, RT e RL, gli importi prodotti dalle operazioni eseguite nel periodo d’imposta. Quindi l’onere di calcolare il totale delle plusvalenze in fase dichiarativa, al fine di ottenere la base imponibile su cui applicare l’aliquota al 26% spetta al trader.

Il primo aspetto che appare evidente è la sostanziale differenza tra la modalità di tassazione alla fonte rispetto a quella dichiarativa, che dipende dal luogo dove risiede l’intermediario (società finanziaria, broker, ecc.)

Visto che le maggiori piattaforme di investimento sono estere, e che come ho appena detto, l’intermediario estero non è un sostituto di imposta, la tentazione di moltissimi è quella di non dichiarare i compensi delle plusvalenze, magari appoggiandosi su conti correnti esteri.

Approfitto di questa sede per ribadire che questa è una pratica pericolosissima, che magari potrebbe anche funzionare, ma occorre che chi la pratica tenga bene in considerazione che si configura il reato di evasione fiscale e che l’Agenzia delle Entrate dispone di tutti i dati relativi a conti correnti intestati in Italia e grazie allo scambio di informazioni anche quelli all’estero, con le informazioni che vengono incrociate per rilevare significati cambiamenti della condizione finanziaria del soggetto.

Quindi occhio, perché fare una scelta del genere e pericoloso e da me vivamente sconsigliato perchè le probabilità di essere individuati sono piuttosto elevate.

Tra l’altro, oltre che prendere la decisione più logica e saggia, ovvero quella di dichiarare al Fisco i guadagni da trading online conseguiti con broker esteri, così come previsto dall’articolo 3 del DPR n. 917/86 il quale prevede che i redditi da capital gain, conseguiti all’estero, sono tassati nel nostro Paese. 

Quale alternativa possiamo offrire ad un trader che non vuole pagare le imposte sul capital gain?

Beh, la risposta più ovvia è quella di andare via dall’Italia, spostando la propria residenza in un Paese estero che non tassi le rendite da capital gain.

Numerose volte in questo blog, ho affrontato il trasferimento di residenza, al fine di pianificare la propria fiscalità e magari trovare una qualità di vita diversa. A dirsi è facile a farsi un po’ più difficile perché per fare questo passaggio occorre rispettare una serie di regole.

A tal proposito ti suggerisco due articoli del blog dedicati all’AIRE: L’iscrizione all’AIRE non esclude la residenza fiscale italiana ed Iscrizione all’AIRE ed assistenza sanitaria

Ma tornando al trasferimento di residenza all’estero, occorre ricordare per trasferire la residenza fiscale all’estero è necessario seguire un preciso iter burocratico. Il soggetto deve innanzitutto cancellarsi dall’Anagrafe della popolazione residente e successivamente iscriversi all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).

Naturalmente per normativa internazionale, applicata nella maggior parte dei casi tra cui l’Italia, la persona deve risiedere per almeno 183 giorni all’anno nel nuovo Stato.

Al fine poi di superare i controlli che l’Amministrazione finanziaria italiana fa, nei suoi normali controlli contro le residenze estere fittizie, occorre conservare tutte le prove reali che si vive in quel Paese (contratto di affitto/acquisto immobile, utenze elettriche, telefoniche, abbonamenti pay -tv o iscrizione a palestre, circoli, ect ) per dimostrare di aver effettivamente trasferito la propria dimora abituale dall’Italia allo Stato estero.

Adesso che sai che in alcuni Paesi potresti metterti più soldi in tasca rispetto all’Italia, sono certo che stai per chiedermi di quali Paesi si tratta.

Ok, non ti resta che metterti comodo e seguirmi in questo viaggio intorno al mondo della fiscalità.

Ti farò conoscere i Paesi dove i redditi da capitale o non sono tassati o sono tassati con una aliquota più bassa rispetto all’Italia.

Se vuoi restare in Europa per vogliamo rimanere in Europa le soluzioni fiscalmente più vantaggiose sono: Estonia, la Svizzera, la Slovacchia e il Lussemburgo che prevedono l’esenzione totale dell’imposta.

Il Regno Unito applica una tassa del 20%, la Grecia e Ungheria un’aliquota al 15%, Malta al 12%, mentre la Bulgaria offre un’imposta unica sul reddito delle persone fisiche pari al 10%, senza distinzione tra le varie tipologie di redditi.

Questi sono solo degli esempi, la tabella completa la trovi qui

STATOTASSAZIONE PREVISTA PER LE IMPOSTE SUI REDDITI DA LAVOROTASSAZIONE PREVISTA PER IL CAPITAL GAIN
AustriaTassazione progressiva dal 25% al 55%27,5%
BelgioTassazione progressiva dal 25% al 50%. I primi € 8.000 sono esentasse.
BulgariaAliquota forfettaria del 10% sul reddito mondiale (compreso il capital gain)10%
CroaziaAliquote fiscali progressive da 24% (fino a 30.000 HRK base imponibile mensile) al 36% (oltre 30.000 HRK base imponibile mensile).12% con specifica regolamentazione
CiproAliquote fiscali progressive dal 20% al 35% (il il primo EUR 19.500 è esentasse).20% con specifica regolamentazione
Repubblica Ceca15%, con un’aliquota fiscale aggiuntiva del 7% per reddito da lavoro dipendente e da impresa reddito superiore in totale a 48 volte lo stipendio medio.15%
DanimarcaAliquote progressive dal 25% al 56,6%.27% al di sotto di DKK 55.300 (7.413 EUR) e il 42% oltre
EstoniaTasso forfettario del 20% sul reddito mondiale, incl. il guadagno (i primi 6.000 euro sono esentasse)
FinlandiaAliquote progressive fino al 56,4%.30% fino a EUR 30.000 e 34% oltre EUR 30.000
FranciaAliquote progressive fino al 49%.
Tassa forfettaria del 30%, o; aliquote fiscali progressive (per le azioni possedute prima del 2018 possibilità di applicare uno sconto per durata della detenzione) + 17,2%
GermaniaAliquote fiscali progressive dal 14% al 47,475% (più tassa ecclesiastica, se applicabile)partecipazione <1%: tasso forfettario del 26.375% incl. tassa ecclesiastica (o aliquota fiscale personale, se inferiore) partecipazione ≥ 1%: 60% del capitale guadagno con aliquota fiscale personale
GreciaAliquote fiscali progressive dal 9% al 44%15%
Ungheria15%15%
IrlandaAliquote progressive dal 20% al 50%33%
LettoniaAliquote progressive dal 20% al 31,4%20%
LituaniaAliquote progressive dal 15% al 20%
LussemburgoAliquote progressive dal 0% al 45,78%
MalteAliquote progressive dal 15% al 35%Dal 15% al 35%
OlandaAliquote progressive dal 37,35% al 49,5%26,25% (2020) / 26,9% (2021)
PoloniaAliquote progressive dal 17% al 32%
PortogalloAliquote progressive dal 14,5% al 48%Forfait del 28% con una riduzione del 50% del la base imponibile
Romania10%10%
SloveniaAliquote progressive dal 16% al 50%27,5%
SpagnaAliquote progressive dal 19% al 48%Aliquote progressive dal 19% al 23%
SveziaAliquote progressive dal 30% al 50%30% (per azioni non detenute in ISK)
SvizzeraAliquote fiscali progressive a livello federale (dallo 0,77% all’11,5%) e nella maggior parte livello dei cantoni (di massimo circa 41,27%)
Regno UnitoAliquote progressive dal 20% al 45%
– 0% se SEIS o EIS
– 10% se Entrepreneurs’ Relief o
Investors’ Relief qualifies
– 20% in caso contrario

E se invece volessi andare fuori dall’Europa ?

Beh, in questo caso la prima scelta che ti consiglio, se i tuoi redditi te lo permettono, sono sicuramente gli Emirati Arabi Uniti, dove come ben sai non esistono imposte né sulle attività (fatte le debite eccezioni) né sulle persone fisiche, ma dove tutto costa tanto (mi sembra abbastanza logico).

Ti consiglio di leggere gli altri articoli del blog sugli EAU:

Valide alternative agli EAU sono sicuramente Singapore, Malesia, Hong Kong e Nuova Zelanda. che rappresenta una delle piazze commerciali e finanziarie più importanti del sud-est asiatico e offre un regime fiscale particolarmente accondiscendente. Chi volesse trasferirsi lì avrà piacere nel sapere che sul capital gain non è prevista alcuna tassa.

Ognuno in base al proprio stile di vita, alle proprie esigenze e soprattutto alle proprie possibilità può trasferirsi all’estero, scegliendo il Paese che più si adatta alle esigenze personali e familiari.

Ci sono tantissimi Clienti con figli piccoli, che hanno preferito andare, per esempio negli EAU, per dare ai figli un’istruzione internazionale in lingua inglese. Ovviamente vivendo negli Emirati, i bimbi impareranno anche l’arabo, ma questo vale per qualsiasi Paese. I bambini imparano molto velocemente le lingue, il che permetterà loro di essere pronti per un futuro internazionale.

La raccomandazione finale che ti dò è quella se sceglierai di vivere all’estero di non inseguire il Tax Rate, come ti propinano su Youtube, proponendoti Paesi dall’altra Parte del mondo con qualità di vita assurde. Credimi, è molto meglio pagare delle tasse ragionevoli e vivere gran parte dell’anno in un bel posto, piuttosto che non pagare nulla e vivere in un Paese lontano anni luce dallo standard a cui sei abituato.

Questo articolo fornisce informazioni di carattere generale e non sostituisce la consulenza personalizzata. Le variabili di ogni singolo caso devono essere analizzate da un consulente specializzato in fiscalità internazionale, per evitare di incorrere in reati tributari e multe salatissime.

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Gianfranco Conti è iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti dal 1991. E' Revisore Legale presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Blogger, pubblicista ed autore del libro "ESTERO SICURO". E' componente del Direttivo della Camera di Commercio Italiana in Albania ed accreditato presso diverse Camere di Commercio italiane all'estero (Emirati Arabi Uniti, Cipro). Relatore in convegni e seminari sull'internazionalizzazione d'impresa e pianificazione fiscale internazionale. Nel corso della sua vita professionale è stato Amministratore Unico di diverse società, membro di CdA di aziende a carattere nazionale ed internazionale. Ha una lunga esperienza di commercio e di fiscalità internazionale, Tax planning e mediazione internazionale. Da oltre 20 anni ha fondato Dike Consulting, un network di studi professionali con 5 sedi ( Praga,Tirana, Malta, Dubai e Pogdorica) e numerose collaborazioni con prestigiosi studi professionali nel mondo. Dike Consulting, assiste i Clienti esercitando le seguenti attività : - pianificazione fiscale internazionale per liberi professionisti, imprenditori ed imprese con relativa costituzione di società e veicoli giuridici - gestione dei diritti di proprietà intellettuale; - rappresentanza in trattative di natura commerciale, in Italia ed all'Estero; - costituzione di Fondazioni di diritto italiano ed estero; - assunzione di cariche sociali di Società e Fondazioni - amministrazioni di Trust con funzioni di Protector; - Intermediazione internazionale per l'acquisto o la vendita di prodotti o servizi; - delocalizzazione e trasferimento di imprese italiane all'estero; - servizi di Temporary Manager sia in Italia che all'estero per le aziende nostre Clienti - collaborazioni con primarie strutture finanziarie e bancarie

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