Paradisi Fiscali all’interno della UE. Cambia qualcosa?
Lo scorso Ottobre aveva sollevato molti interrogativi la decisione dell’Ecofin di togliere le isole Cayman e l’Oman dalla lista nera dei paradisi fiscali. Ora i criteri con cui queste decisioni vengono prese a Bruxelles finiscono sotto la lente del Parlamento Europeo, che ha approvato una risoluzione in cui invita a modificare il sistema giudicato “confuso ed inefficace“. E chiede che i Paesi Ue non siano essere esclusi dall’analisi per vedere se presentano qualche caratteristica di paradiso fiscale e quelli che non superano tale verifica siano considerati a loro volta paradisi.
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Questo blog ha affrontato diverse volte questo argomento, preferendo al termine “Paradiso Fiscale” quello di Fiscalità di Vantaggio. Aldilà dei nomi che vogliamo attribuire, le diverse fiscalità presenti all’interno della UE, lontane da un’armonizzazione per una serie davvero infinita di ragioni, favoriscono il nostro lavoro, ovvero quello della pianificazione fiscale.
Abbiamo volutamente dedicato un’ampia sezione del libro ESTERO SICURO, in vendita su Amazon , alle asimmetrie fiscali presenti all’interno della UE proprio perchè riteniamo che la pianificazione fiscale sia un diritto di ogni azienda e non di pochi.
Il testo del Parlamento Europeo, sicuramente figlio di questa pandemia che ci sta affliggendo, è stato approvato con 587 voti favorevoli, 50 contrari e 46 astensioni.
L’elenco dell’Unione Europea dei cosidetti paradisi fiscali, istituito nel 2017, ha avuto finora un “impatto positivo”, ma non è stato “all’altezza del suo potenziale in quanto le giurisdizioni che attualmente contiene coprono meno del 2% delle perdite di gettito fiscale a livello mondiale”, afferma il Parlamento Ue.
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A tal proposito non sono neanche chiare le modalità di entrata ed uscita dalla Black list europea, così come confermato più volte. Resta sicuramente il fatto che trattandosi di una black list europea, questi Paesi restano sempre una valida soluzione se si opera con il resto del mondo.
Il presidente della sottocommissione parlamentare per le questioni fiscali, l’olandese Paul Tang, uno che probabilmente dovrebbe guardarsi prima in casa sua e poi successivamente rilasciare dichiarazioni, ha commentato dicendo che “rifiutandosi di affrontare adeguatamente l’evasione fiscale, i governi nazionali stanno deludendo le aspettative dei loro cittadini per oltre 140 miliardi di euro.
Soprattutto nel contesto attuale, ciò è inaccettabile. Inoltre, bisogna anche guardarsi allo specchio: i Paesi Ue sono responsabili del 36% dei paradisi fiscali”.
Gli eurodeputati propongono modifiche che renderebbero il processo di valutazione di un Paese più trasparente, coerente e imparziale. In particolare, dovrebbero essere aggiunti alcuni criteri per garantire che più Paesi vengano considerati dei paradisi fiscali ed evitare che un paese venga rimosso dall’elenco troppo rapidamente.
Secondo l’Europarlamento, il criterio per giudicare se un sistema fiscale di un paese sia equo o meno deve essere rivisto e ampliato, per includere ulteriori pratiche e non solo le aliquote fiscali preferenziali.
La recente rimozione delle Isole Cayman dall’elenco, mentre nel Paese si applica una politica di aliquote fiscali dello 0%, rappresenta una prova sufficiente delle mancanze del sistema di valutazione. Tra le altre misure proposte, i deputati chiedono che tutte le giurisdizioni con un’aliquota d’imposta sulle società pari allo 0% o senza imposte sugli utili delle società vengano automaticamente inserite nell’elenco dei paradisi fiscali.
Il Parlamento Ue vorrebbe requisiti più severi: la rimozione di un Paese dall’elenco non dovrebbe essere il risultato di modifiche del sistema fiscale puramente simboliche ( come del resto ce ne sono state in questi ultimi mesi – EAU docet ). Secondo i deputati, ad esempio, Cayman e le Bermuda, Bahamas e Saint Kits sono state rimosse dall’elenco in seguito all’introduzione di cambiamenti “minimi” e di “misure di esecuzione deboli”.
Il Parlamento europeo chiede, dunque, criteri di screening più severi, nonché che tutti i Paesi terzi vengano trattati e valutati in modo equo e utilizzando gli stessi criteri, mentre a suo parere l’elenco attuale dimostra il contrario. La mancanza di trasparenza con cui l’elenco viene redatto e aggiornato rappresenta un’ulteriore perplessità. Pertanto, il processo di elaborazione della lista deve essere formalizzato attraverso uno strumento giuridicamente vincolante.
Dopo la votazione, il presidente della sottocommissione per le questioni fiscali Tang ha affermato: “confuso ed inefficiente’ l’elenco UE dei paradisi fiscali, il Parlamento europeo dice le cose come stanno. La lista può essere un valido strumento, ma gli Stati membri hanno dimenticato qualcosa quando l’hanno compilata: i paradisi fiscali veri e propri.
A suo avviso l’elenco infatti non sta migliorando, sta peggiorando.
Guernsey, le Bahamas, Saint Kitts e ora le Isole Cayman sono solo alcuni dei ben noti paradisi fiscali che gli Stati membri hanno tolto dalla lista.
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Come abbiamo spesso ribatito, aldilà delle dichiarazioni ufficiali, l’armonizzazione fiscale all’interno della UE è ben lontana dal vedere la luce, perchè in ballo ci sono troppi interessi dei cosidetti “Paesi virtuosi” .
Vi ricordiamo sempre che la fiscalità internazionale è una materia complessa che deve essere affrontata con i professionisti esperti del settore, per non incorrere in reati tributari e fiscali, sia in Italia che all’estero.
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