Paradisi fiscali – mappa aggiornata 2018
Panama non è più nella black list dei paradisi fiscali dell’Unione Europea. La decisione ufficiale del 23 Gennaio scorso è stata presa dal Consiglio di Affari Economici e Finanziari dell’UE (ECOFIN). Insieme al Paese centroamericano, anche la Corea del Sud, gli Emirati Arabi Uniti, le Barbados, Granada, Macao, Mongolia e la Tunisia farebbero, parte della ‘lista grigia’ per ECOFIN. Questi Paesi sono stati esclusi dalla ‘lista nera’ dopo aver garantito di fronte all’Unione Europea il loro impegno politico di alto livello, volto a porre rimedio alle preoccupazioni fiscali europee.
Panama e gli altri 7 Paesi si aggiungono, oggi, alle altre 47 Nazioni già presenti nella ‘lista grigia’, mentre permangono nella ‘lista nera’ Bahrein, Guam, Isole Marshall, Namibia, Palau, Saint Lucia, Samoa, Samoa Americane, Trinidad e Tobago.
Ma cosa sono, precisamente, la ‘lista nera’ e la ‘lista grigia’? E cosa comporta appartenere a una di esse?
Bisogna fare un passo indietro e tornare al 5 dicembre del 2017, quando ECOFIN in un documento ufficiale pubblicò l’elenco delle giurisdizioni non cooperative in materia fiscale.
L’informativa europea riportò una ‘black list’, o ‘lista nera’, di 17 Paesi: Panama, Mongolia, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Macao, Granada, Barbados, Corea del Sud, Santa Lucia, Trinidad e Tobago, Guam, Isole Marshall, Palau, Samoa, Samoa americane e Namibia. Gli Stati che ne facevano parte erano ritenuti paradisi fiscali. Con il documento dello scorso 5 dicembre l’Unione Europea ha riconosciuto i Paesi inseriti nella ‘black list’ come non cooperativi in termini fiscali e, in quanto tali, soggetti a misure restrittive ben precise.
Dopo aver preso conoscenza della sentenza di ECOFIN dello scorso 5 dicembre, gli otto Paesi sopraelencati, tra cui Panama, si sono impegnati politicamente per intraprendere processi di equità fiscale e adottare emendamenti nella loro legislazione per monitorare i tentativi di evasione fiscale. L’impegno preso gli ha così permesso di passare alla cosiddetta ‘grey list’, o ‘lista grigia’, che comprende quelle giurisdizioni non cooperative in materia fiscale con l’Unione europea, ma che si sono impegnate ad adottare misure di correzione e miglioramento per la trasparenza e l’information-sharing.
La lista del ‘purgatorio’ comprende, ad oggi, 55 Stati intenti a modificare i loro regolamenti fiscali per adeguarli agli standard europei e internazionali entro la fine del 2018. I Ministri dell’Economia e delle Finanze hanno il compito di controllare se le promesse fatte siano mantenute entro la fine dell’anno, verificando se i Paesi ‘grigi’ abbiano rispettato, o meno, gli impegni presi. Se così non fosse, tornerebbero alla ‘lista nera’ dei paradisi fiscali dell’UE. Pertanto, i Paesi della ‘lista grigia’ saranno tenuti sotto osservazione, mentre quelli rimasti nella ‘black list’, ad oggi, rimangono soggetti a misure particolari, come l’impossibilità di accedere ai fondi europei, o un aumento della vigilanza su coloro che vi operano.
La decisione di Bruxelles di eliminare Panama dalla ‘lista nera’ premia gli ultimi e recenti sforzi del Paese centroamericano nell’istituire un’ampia gamma di riforme mirate alla trasparenza finanziaria e conformi alle norme e ai regolamenti internazionali.
Questo impegno è stato già premiato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Quest’ultima, infatti, il 28 giugno scorso ha annunciato la non-inclusione di Panama nell’elenco dei Paesi non cooperativi. La decisione dell’OCSE era basata sui progressi compiuti da Panama nell’adattamento del suo quadro legislativo e l’espansione dei partner per lo scambio di informazioni fiscali. Quindi, l’impegno panamense volto all’integrazione nel sistema multilaterale di informazione finanziaria dell’OCSE è stato confermato ieri dall’ECOFIN, la cui scelta dimostra lo sforzo panamense a livello di Global Governance, e un interesse nella cooperazione, trasparenza e al miglioramento della stessa reputazione internazionale panamense.
Panama da oltre un secolo è considerato un paradiso fiscale a livello mondiale. Lo dimostrano, oltretutto, i ‘Panama Papers’, ovvero il peggior scandalo mondiale di evasione fiscale che colpì il Paese nell’aprile del 2016. Panama Papers coinvolse numerosi personaggi famosi, aziende, imprese -800 italiani sono stati citati. L’inchiesta giornalistica ‘Panama Papers’ ha rappresentato una delle più grandi fughe di notizie degli ultimi anni, e consisteva in 11.5 milioni di documenti raccolti da 378 giornalisti di diverse testate internazionali associate nel The International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). I documenti pubblicati dimostravano che lo studio legale Mossack e Fonseca di Panama aveva creato 200 società offshore, ovvero società che aiutavano individui, aziende e/o imprese a evadere le tasse in tutto il mondo, sfruttando quei Paesi – come Panama – in cui le tasse sono molto basse, a volte pari quasi a zero, e la segretezza delle proprietà di società e conti correnti rende non rintracciabile gran parte, se non tutta, la ricchezza. Lo scandalo di caratura mondiale ha macchiato la reputazione del Paese panamense. Ed è proprio per questo che l’odierna uscita di Panama dalla ‘black list’ dell’UE, e quella dello scorso 28 giugno per l’OCSE, rappresentano un enorme passo avanti in termini di trasparenza e global Governance fiscale per il Paese centroamericano.
Questo articolo fornisce informazioni di carattere generale e non sostituisce la consulenza personalizzata. Come DIKE Consulting ci adoperiamo insieme ai nostri partners internazionali a fornire sempre ai nostri Clienti le migliori soluzioni in tema di fiscalità internazionale, ma è chiaro che le norme cambiano e al loro cambiare il Cliente deve essere pronto a variare la propria strategia. Le variabili di ogni singolo caso devono essere analizzate da un consulente specializzato in fiscalità internazionale, per evitare di incorrere in reati tributari e multe salatissime.
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